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IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW
(SLEEPY HOLLOW)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 marzo 2000
 
di Tim Burton, con Johnny Depp, Christina Ricci, Miranda Richardson, Michael Gambon, Christopher Walken (Stati Uniti, 1999)
 
L'autore di EXISTENZ e quello di IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW sono diversi, ed eguali. Diversi, perché il primo, pur interrogandosi sulle cose delle spirito, sui fantasmi degli individui, le loro nevrosi, la loro sessualità è un pittore della materia. Forse nessuno, al cinema, è riuscito a percepirla con altrettanta evidenza. Tutti i film di Cronenberg si costruiscono sul rapporto tra la carne e lo spirito, tra il corpo ed il cervello. Rendere visibili le turbe dei personaggi, le loro angosce, i loro fantasmi: questi elementi astratti finiscono per materializzarsi. Ed i personaggi ne escono letteralmente metamorfosati. Al contrario, quelli di Tim Burton, i Batman, gli Ed Wood per non dire dei marziani di MARS ATTACK sono dei diversi, degli alieni, dei fenomeni fantascientifici; che nascono dal mondo più evanescente e meno tangibile delle fiabe e dei miti infantili. Da una diversità che diventa fragilità; e che, una volta confrontata al mondo degli adulti, finirà per essere crudelmente ostacolata ed annientata. Giullari, mostri, maschere: la fiaba rappresenta per il regista tutto ciò che è impossibile capire. E che non è disonorevole ammettere di non aver compreso. All'opposto di questa zona, oscura ed affascinante del mistero e dell'assurdo si estende invece il regno assai più mortificante, abitato da coloro che hanno capito tutto.

Diverso nell'ispirazione e nei fantasmi che la alimentano, il cinema di Cronenberg e di Burton è però identico nella meccanica. Ambedue mettono in scena l'enormità (preziosamente dissacrata dalla derisione e dell'umorismo!) di turbe, ambiguità e malesseri. Ma nel rifiuto di un'altra esagerazione: quella dell'uso gratuito e pacchiano delle tecnologia imperanti, degli effetti speciali che finiscono per annientare la fantasia e la poesia. EXYSTENZ e IL MISTERO DI SLEEPY HOLLOW sono soltanto in apparenza dei film di fantascienza o di orrore: a condizione di leggervi fra le righe, come si farebbe con un quadro di un Francis Bacon o, rispettivamente di un romantico tedesco alla Caspar David Friedrich. I due film sono costruiti in modo assolutamente classico: e la loro forza poetica, la loro insolita energia straniante nasce dall'utilizzo degli attributi più semplici, quelli che da sempre appartengono alla sintassi cinematografica.

La favola che Tim Burton prende a prestito è invece "La leggenda di Sleepy Hallow", un classico per ogni americano, scritta da Washington Irving nel 1820, ma fondata su un racconto importato dagli immigrati germanici. Che Walt Disney (primo impiego di Burton) aveva già tradotto in un disegno animato. E che l'autore di BATMAN, senza snaturarlo, stravolge genialmente: Johnny Depp diventa un poliziotto di origine inglese, un po' imbranato ed un po' in anticipo sui tempi, che viene spedito a nord di New York per indagare su un serial killer che decapita le proprie vittime. Il nero cupo degli orrori gotici tedeschi, la trasformazione satirica introdotta dalla favola di Irving, la versione burlesca di Disney, la sceneggiatura iniziata da uno specialista del thriller simbolico come l'autore di SEVEN, Andrew Walker, poi accostata ai temi della stregoneria da Tom Stoppard, la produzione affidata a Francis Coppola autore di un altro celebre mostro, DRACULA, i riferimenti costanti ai maestri del genere Mario Bava, Terence Fisher o Roger Corman, quelli a dei maestri dell'insolito come Polansky o Kubrick fanno di SLEEPY HALLOW una somma mostruosa di apporti e filiazioni. Ma se effettivamente la leggibilità delle sceneggiatura costituisce l'unico limite del film, è grazie alla forza trascendentale del proprio sguardo che a Burton riesce il miracolo di fondere il tutto. Nella lotta fra la ragione e l'irrazionale il Cavaliere senza testa sembra trasformarsi in una creatura alata del tutto simile a BATMAN, l'impaccio di Johnny Depp ricorda quello di ED WOOD, mentre i suoi strampalati strumenti ottici e chirurgici sono quelli di EDWARD MANI DI FORBICI. All'interno di una delle scenografie (interamente ricreata in studio, a Londra) più affascinanti che si ricordi, bagnata da una luce misteriosamente anti-naturalistica che privilegia gli angoli più impensati delle inquadrature, l'inventiva incredibile della regia trasforma ogni sequenza in un'incantevole sorpresa.


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